Cinefilo urbano indistinto.
"Viva il cinema sia novizio che
di restauro, l'importante
è che del cinema
abbia l'anima."

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Hereafter


La morte.. e cosa esiste dopo di questa.. temi complicati sotto tutti i punti di vista.. farci un film non è roba da poco.. una trattazione superficiale o incompleta o inadeguata rischia non tanto di deludere lo spettatore quanto piuttosto di sguinzagliarne il disprezzo se quanto viene presentato non è in linea con i suoi pensieri e convinzioni o ancor peggio se è con questi in totale antitesi..
Con Hereafter il tema della morte è stato affrontato..è stato affrontato evitando questa rischiosa trincea, usando toni ne troppo forti ne troppo smorzati, rispolverando qualche vecchio dubbio e sollevando qualche importante questione, presentando un’analisi importante ma mai aggressiva rispetto a quella che può essere considerata una coscienza collettiva della morte..
Detto questo be non si puo non riconoscere e non gridare ad alta voce ancora una volta la maestria di Clint Eastwood nell’arte del cinema.. rispetto ai suoi lavori precedenti questa volta cambia in maniera abbastanza forte registro, non in termini di argomento trattato (visto che la morte in maniera più o meno incisiva ha fatto parte anche dei suoi racconti visivi passati) quanto invece in termini di modalità espositive e tempi di narrazione.. Clint prende il tempo,ne altera la natura contemporanea del “time is money” e lo rende suo schiavo al fine di destrutturizzarlo e rendere gli eventi esposti tendenti allo statico, per donare al film un ritmo lento e essenziale, un ritmo che non annoia lo spettatore ma che anzi lo coinvolge intensamente a livello emotivo ed in un analisi metaetica della morte, di ciò che ne consegue e dei pregiudizi che le persone nutrono a riguardo di ciò (sia positivi, come la possibilità di percepire sensazioni di quiete assoluta e onniscienza una volta compiuto “l’ultimo passo”; sia negativi, come il negare senza se senza ma l’esistenza di un aldilà visto che a riguardo di prove materiali non c’è ne sono)..
Mi viene difficile giudicare Hereafter come migliore o peggiore rispetto agli altri film fatti da Clint stesso.. perché questa sua ultima fatica, per quanto da lui fatta e resa in modo cosi diverso, ritengo meriti una collocazione a parte, un’analisi, ragionamento, valutazione ed discernimento slegati da tutto ciò che ci ha già regalato in campo cinematografico.. una considerazione complessiva a se stante perché in relazione alla complessità dell’argomento e al vestito particolare con cui l’ha presentato è riuscito a presentare un lavoro allo stesso tempo importante, con tratti di nuova bellezza, culturalmente non aggressivo, e pienamente coinvolgente e attraente..
chissà che egli non abbia compiuto il passo decisivo verso il diventare poeta del cinema, perché solo cosi riesco a definirlo visto che è riuscito simultaneamente ad incantarmi, farmi riflettere, abbattere mie limiti e mancanze e sensibilizzarmi sul tema della morte (in tal senso tra le tante cose, quelle che mi hanno più colpito sono due frasi;  una quella presentata dal sensitivo quando afferma che nonostante la sua intensa esperienza sull’argomento ancora non è riuscito a ben capire cosa esiste dopo la morte; l’altra quella presentata dalla scrittrice parigina al momento della lettura e presentazione del suo libro, quando afferma che un po’ tutti non sono ancora disposti in pieno a considerare la morte per quella che è la sua vera natura e quindi non sono disposti ad affrontarla col giusto atteggiamento; e queste sono frasi che mi hanno portato a farmi una profonda analisi interiore, analisi che sono insicuro se e quando riuscire a concludere in linea con il senso di crescita che il film ha voluto trasmettere a riguardo dell’argomento trattato)..
Ho letto in un’intervista che Clint, nonostante abbia raggiunto gli 80 anni, non ha alcuna intenzione di smettere di fare cinema, e dato il suo background dietro la macchina da presa e anche dopo un film dal grande tatto come questo non posso che essergliene grato e felice.

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